Quasi sicuramente sai, almeno a livello teorico, cos’è una criptovaluta.
Questo termine sta diventando onnipresente nelle notizie di tutti i giorni e grazie alla progressiva popolarità della blockchain, la tecnologia dietro questo genere di strumento, nel corso dei prossimi anni vedrai un sempre maggior numero di monete digitali.
Per questo motivo iniziare a prendere confidenza con come la fiscalità gestisce questo genere di strumenti finanziari fin da subito è un passo avanti per non trovarsi impreparati nel momento del bisogno.
Ma non preoccuparti se non sai nulla, con questo articolo cercherò di spiegarti tutte le interazioni tra la fiscalità italiana e la tua criptovaluta preferita.
Il riconoscimento fiscale delle criptovalute
Da qualche tempo a questa parte il concetto di moneta digitale è stato sdoganato sempre più, diventando quasi una vera e propria alternativa rispetto alla moneta tradizionale.
In maniera speculare alla moneta reale e sonante, la moneta digitale (o valuta virtuale o criptovaluta che dir si voglia) per poter essere tale deve venire accettata da chi lavora all’interno del mercato.
Inutile nascondere che, essendo il mercato particolarmente volatile, c’è da fare parecchia chiarezza sugli adempimenti in modo da evitare del tutto gli errori, in modo da evitare per come possibile sanzioni di tipo economico.
Avrai molte domande a questo punto: vediamo di rispondere in maniera chiara e funzionale.
Il monitoraggio fiscale di una criptovaluta nel quadro RW è obbligatorio?
Partiamo col rispondere ad una domanda molto specifica: il monitoraggio fiscale delle monete virtuali all’interno del quadro RW della dichiarazione dei redditi è obbligatorio?
La risposta del caso è un laconico “è complicato” ma andiamo con ordine.
A cosa serve il quadro RW?
All’interno della dichiarazione dei redditi il quadro RW devi compilarlo quando devi indicare gli investimenti che possiedi all’estero.
Il concetto di criptovaluta è stato inquadrato solo recentemente dalla legge italiana attraverso la risoluzione n. 72/E/2016 dall’Agenzia delle Entrate.
Per l’ADE la criptovaluta è equiparata ad un mezzo di pagamento alternativo ai mezzi legali e, pertanto, valgono per essa tutte le discipline che regolano le valute reali.
Se si possiede una criptovaluta l’obbligo dichiarativo diventa tale in riferimento all’articolo 4 del decreto legge n 167/1990.
Tale decreto legge dice che le persone fisiche, enti non commerciali e società semplici che risiedono all’interno del territorio italiano devono adempiere alla compilazione del sopracitato quadro RW se detengono investimento all’estero (o attività estere) capace di produrre del reddito imponibile, anche in valuta estera.
Tutto questo si riassume in una coppia di condizioni che, se rispettate, fanno scattare l’obbligo di monitoraggio fiscale per il quadro RW.
Queste sono:
- Residenza in italia (o meglio, residenza fiscale in Italia)
- Possesso di attività all’estero capaci di produrre del reddito che risulti poi imponibile in Italia.
Ok, fermiamoci un attimo perché so che ti sei chiesto una cosa ben specifica: è possibile definire la nazionalità di una valuta virtuale?
Qui si entra in una spirale di confusione che il fisco fa fatica a semplificare.
Per l’agenzia delle entrate italiana per determinare il luogo di localizzazione fiscale è necessario associare alla criptovaluta un luogo fisico (in maniera non dissimile da come si associano i broker alle licenze nazionali), lo stesso in cui si trova il wallet contenente le chiavi privata.
A questo punto, in base alla tipologia di Wallet in esame sono due gli scenari che ti si possono presentare davanti:
- Wallet custodial: con un wallet di tipo custodial si delega la responsabilità di gestione delle chiavi private a terzi.
In base alla posizione di chi ha la responsabilità della propria chiave privata (se dentro o fuori il territorio italiano) allora si deve andare a compilare il quadro RV. - Wallet non custodial: il wallet non custodial prevede il possesso di una chiave privata; di norma ad esso è associato un vero e proprio hardware wallet, ovvero un dispositivo fisico che contiene le chiavi in questione e che va collegato di volta in volta al PC per operare con la blockchain. La posizione fisica della chiave privata determina la compilazione o meno del quadro RW.
Tassazione della cessione di valute virtuali: come si calcola la plusvalenza sulle criptovalute?
Se sei arrivato fino a qui parto dal presupposto che tu abbia capito quando scatta l’obbligo di monitoraggio fiscale sulla criptovaluta.
Ora passiamo ai fatti: come si deve calcolare la plusvalenza sulle criptovalute?
Prima di gettarci a capofitto nell’argomento facciamo un passo alla volta e cerchiamo di capire come va effettuata la compilazione del quadro RW, nel caso si posseggano delle criptovalute.
Provo a renderti la cosa quanto più accessibile possibile.
Prendiamo in esame il rigo RW1 del modello Redditi PF 2021.
Le varie colonne vanno compilate nella seguente maniera:
- Colonna 1: qui va inserito il codice possesso titolo | Inserisci il codice 1 che indica la proprietà.
- Colonna 3: qui va inserito il codice di individuazione del bene | Inserisci il codice 14 che individua le valute virtuali e ricorda di non compilare il codice stato estero in colonna 4
- Colonna 5: qui va inserita la quota di possesso | Inserisci il valore 100% se sei l’unico titolare del portafogli virtuale.
- Colonna 6: qui va inserito il criterio di determinazione del valore | Inserisci il codice 1 per assegnare come criterio il valore di mercato
- Colonna 7 qui va inserito il valore iniziale della criptovaluta | Il valore in questione è quello della moneta allo 01/01 o al primo giorno di detenzione dell’attività se l’investimento ha avuto inizio durante il corso dell’anno. In caso di periodi d’imposta successivi è necessario riportare il valore finale della moneta al 31/12 dell’anno precedente e segnalare eventuali incrementi in corso d’anno.
- Colonna 8: qui va inserito il valore finale della criptovaluta | Il valore in questione è quello della moneta al al 31/12 o all’ultimo giorno di detenzione se ceduta prima della fine del periodo.
- Colonna 18: qui va indicata la compilazione di uno o più tra gli altri quadri reddituali tra RL, RM e RT. | Se le criptovalute in possesso non generano tassazione va inserito il codice 5, se invece le criptovalute detenute sono soggette alla tassazione riepilogata nel quadro RT è necessario usare il codice 4.
- Colonna 20: qui è necessario indicare se il contribuente adempie agli obblighi relativi al monitoraggio fiscale senza essere tenuto alla liquidazione di IVIE e IVAFE. | In questo caso è necessario indicare e quindi barrare la casella.
- Colonna 22/23: qui è necessario indicare il codice fiscale di eventuali cointestatari del wallet | Se queste colonne sono utilizzate è importante ricordarsi di inserire un valore inferiore a 100 nella colonna 5.
Le colonne più problematiche da gestire sono sicuramente quelle relative ai valori di mercato, ovvero le colonne 7 e 8.
Le criptovalute, per loro natura, sono monete virtuali soggette ad alta volatilità di mercato per cui il valore effettivo delle stesse con valute reali tende a cambiare in maniera consistente durante il corso dell’anno; sono qualcosa che possono rendere davvero utili strumenti come i fondi patrimoniali.
Per indicare correttamente i valori iniziali è finali è necessario inserire, come valore iniziale, il valore di mercato al tasso di cambio utilizzato dalla piattaforma di scambio alla data di acquisto/inizio anno.
Per il valore finale, invece, va inserito il valore di mercato al tasso di cambio utilizzato dalla piattaforma di scambio il 31/12.
Per questo motivo è importante conservare documenti ed i rendiconti; saranno strumenti utilissimi per fornire dati a supporto delle informazioni da inserire in dichiarazione quando parli di criptovalute.
Esempio di calcolo della fiscalità sulle criptovalute
Siamo giunti, o quasi, alla fine di questo percorso conoscitivo nei confronti del come la fiscalità agisce sulle criptovalute.
In Italia le imposte sul reddito delle persone fisiche in possesso (al di fuori dell’attività di impresa) di valute come bitcoin, litecoin, ethereum e così via ,seguono le stesse regole della tassazione legata alle valute tradizionali.
Questo accade perché, come abbiamo visto poco sopra, l’Agenzia delle entrate ha riconosciuto le valute virtuali come strumenti di pagamento alla stregua di quelli reali, motivo per cui questi due elementi condividono la disciplina fiscale.
Per questo motivo il riconoscimento delle plusvalenze riguardante la cessione di valute è regolato dall’articolo 67 comma 1 lett. c-ter del T.U.I.R.
Le plusvalenze in questione vengono contate come reddito diverso e pertanto tassato con un’aliquota pari al 26%, quest’ultima conteggiata come imposta sostitutiva.
La rilevanza fiscale della plusvalenza (calcolata come conversione delle criptovaluta in euro) viene definitiva dal comma 1-ter dell’articolo 67 del solito T.U.I.R.
Per valutare se la plusvalenza realizzata sulla conversione in euro delle criptovalute sia fiscalmente rilevante, e quindi che la detenzione di valute virtuali sia soggetta a tassazione occorre riprendere il comma 1-ter dell’art. 67 del T.U.I.R.
Questo specifica che “le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da deposito e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a cento milioni di lire (51.645,69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui”.
Occorre quindi capire se al tasso di cambio del 01/01 si supera il controvalore in Euro di 51.645,69 per più di 7 giorni.
Come puoi fare per determinare il valore della plusvalenza?
In questo caso è necessario fare riferimento al controvalore in euro del cambio durante la data di cessione e confrontarlo con il controvalore in euro del cambio il giorno dell’acquisto; questo confronto va fatto seguendo il cosiddetto metodo LiFo. Questo vuol dire che, se hai acquistato più lotti, i confronti vanno fatti dall’acquisto più recente a quello più anziano.
Ora che hai appreso tutte le nozioni teoriche prova ad applicarle nella pratica; ti aiutiamo prima con uno schema riassuntivo e poi con una spiegazione passo passo.
- Per prima cosa è necessario calcolare il controvalore in euro delle monete virtuali.
Questo calcolo va fatto tenendo conto del cambio in vigore all’inizio del periodo di riferimento. - Se la somma dei controvalori ottenuti supera, per un totale di 7 giorni lavorativi, la cifra di 51.645,69€, allora si ha ottenuto una plusvalenza tassabile.
- Numericamente la plusvalenza viene calcolata come la differenza tra il valore di realizzo di vendita della valuta al momento della cessione MENO il valore di carico della valuta al momento dell’acquisto, il tutto seguendo il metodo LiFo di cui sopra.
- Una volta determinata la plusvalenza ad essa si applica un’imposta sostitutiva pari al 26% da versare attraverso l’F24, con codice tributo 1001.
Passiamo ora ad una spiegazione più guidata:
- Il giorno 10/06/2019 acquisti 10 Esempiocoin con un valore unitario di 1000 €.
- Il giorno 31/12/2019 il valore complessivo in euro dei tuoi Esempiocoin è pari a 19.900 euro.
- Durante la dichiarazioni dei redditi per il 2019 non dovrai pagare tasse relative agli Esempiocoin perché il valore di questi non supera la soglia di 51.645,69 € per almeno 7 giorni consecutivi.
- Il 1/01/2020 il controvalore unitario dei tuoi esempiocoin è pari a 2000 €.
- Il giorno 14/07/2021 decidi di acquistare altri 10 esempiocoin il cui valore unitario, stavolta, è pari a 2500 €.
- Il giorno 31/12/20 nel tuo wallet ci sono 20 esempiocoin il cui valore unitario è pari a 3000 euro.
Complessivamente Il tuo wallet vale 60.000 €. - Durante la dichiarazione del 2020 non dovrai pagare tasse sui tuoi esempiocoin perché il valore degli stessi va calcolato moltiplicando il numero di cripto per il controvalore ad inizio anno.
2.000 per 20 = 40.000 €: ancora una volta un valore inferiore alla soglia minima. - Il 1/01/2021 il controvalore unitario degli esempiocoin è pari a 3000 €.
- Il 10/06/2021 decidi di acquistare altri 10 esempiocoin per un valore di 3500 € l’uno.
- Il 17/09/2021 decidi di cedere indietro 15 esempiocoin per ad un valore di 3750 € l’uno, ottenendo 56250 € in cambio.
- il 31/12/2021 nel tuo wallet ci sono 15 esempiocoin con un valore unitario di 3000 €, per un valore complessivo del portafogli pari a 45.000 €
- Nella dichiarazione dei redditi per il 2021 dovrai necessariamente calcolare la plusvalenza da tassare poi. Questa andrà calcolata perché, per oltre sette giorni lavorativi, le criptovalute da te detenute hanno avuto un controvalore pari a 51645,69 €.
Il calcolo vero e proprio da fare è il seguente:
- Devi calcolare in primis il guadagno reale (o valore di realizzo), pari in questo caso a 15 esempiocoin * il tasso di conversione il giorno della vendita.
In questo caso 15 * 3750 € = 56,250 € - Ora devi calcolare il valore di acquisto dei 15 esempiocoin che hai venduto con il metodo LiFo.
10 esempiocoin sono stati acquistati il 10/06/2021 per 3500 e l’uno, per una spesa totale di 35000€ (10*3500)
Gli altri 5 esempiocoin appartengono al lotto di criptovalute acquistate in precedenza, quindi il 14/07/2021 a 2500 €, per una spesa totale di 15.500 € (5 * 2500) - La plusvalenza è quindi i proventi della vendita dei 15 esempiocoin MENO i soldi spesi l’acquisto: 56.250 (proventi della vendita) – 47.500 (prezzo pagato per i 10 esempiocoin del 10/06/2021 + prezzo pagato per i 5 esempiocoin del 14/07/2021).
- Il risultato finale è pari a 8750 €, cifra che andrà tassata al 26%: il risultato finale sarà l’imposta sostitutiva pari a 2.275 €.
Ora sai tutto ciò che devi sapere su come funziona la tassazione e su come funzionano gli aspetti dichiarativi nel mondo delle criptovalute!